10 09
Il neon alla lunga stordisce.
Il continuo mormorio delle persone intorno a me, appena amplificato dalle pareti in cemento armato, crea un tappeto di rumore bianco, irregolare ed alienante. È da un po’ che aspetto, ormai. Sono in un’aula dell’università, la lezione dovrebbe essere già cominciata, ed inizio a pensare che ormai non si farà. Sono solo, e silenzioso. Non conosco nessuno dei miei compagni di corso, né mi interessano. Sono qua per la lezione, ma la lezione non comincia. È strano, questo ritardo, ma sembra che io sia il solo a notarlo. Intorno a me, infatti, le voci senza faccia non sembrano stupirsi, ed è come se fossero persone diverse, ognuna ferma per pochi minuti. Come certe volte in aeroporto, quando dovevo aspettare per un’intera giornata e le persone che mi circondavano andavano e venivano, sempre diverse e sempre uguali. Un’infinità di dettagli che si confondevano, entrando ed uscendo dalla mia scarsa attenzione.
Solo che siamo in un’aula, e la porta è chiusa, e da molto ormai nessuno entra o esce. I frammenti che colgo dai discorsi intorno a me mi portano argomenti ricorrenti – professori orari programmi esami – ed ho a volte l’impressione fortissima di risentire più volte esattamente le stesse parole. Non ho niente da leggere, sono venuto qua per la lezione, e provo allora a scrivere, a prendere appunti. Provo ad immaginare cosa potrà raccontare il professore quando entrerà, se entrerà. Potrebbe iniziare presentando rapidamente gli autori che studieremo, e le loro principali caratteristiche. Ma che autori saranno? E perché li avrà scelti? I miei appunti sulla lezione immaginaria si fermano prima di iniziare, al titolo, e poi resto con la matita a mezz’aria a fissare la lavagna vuota. Tutte le superfici sono simili, sembrano intercambiabili ed indifferenti, lisce e solo un po’ sporche, come se fossero all’inizio di una lunga incuria. Se striscio il dito sul banco lascio una traccia appena visibile sotto il neon. La luce non cambia mai, il tempo sembra non passare. Ogni tanto il volume del brusio che mi circonda cala per qualche momento, ma è solo un caso, una pausa contemporanea di qualche conversazione.
Penso che potrei andarmene, ma non vorrei perdermi la prima lezione del corso.
Mi scopro a pensare al mondo fuori da quest’aula, e mi sorprendo a non ricordarne i dettagli. I volti dei miei familiari mi sfumano davanti senza che riesca a fermarli. Sono ipnotizzato dai quadretti sulla pagina, stordito dall’attesa, e dal biancore del neon. Penso a cosa farò quando uscirò, penso che tutti i miei conoscenti saranno cambiati, invecchiati, e chissà se riuscirò a riconoscerli.